lunedì 25 aprile 2016

Archivio - The Road To 1981 - Puntata 4: Peter Gabriel, Trilogia M.O.R.

Buongiorno a tutti.
Quarto appuntamento con The Road To 1981. Siamo arrivati ormai nel cuore del percorso filosofico e musicale di Robert Fripp, inaugurando egli, l’11 settembre 1978, la sua The Drive to 1981, La strada verso il 1981.
L'argomento è lungo e pertanto, augurandovi buona lettura, cominciamo senza indugio ....

Peter Gabriel: Impara il Piano e il telefono.

A coloro che ebbero all’epoca la fortuna di assistere a qualcuno dei primi concerti della carriera solista di Peter Gabriel si proponeva un mistero. Chi era mai quell’oscuro chitarrista che suonava nascosto dietro le quinte e veniva presentato da Gabriel con il criptico nome di "Dusty Rhodes"(strade polverose) ?





Peter Gabriel, dopo lo storico abbandono dei Genesis nel 1975 si ritirò con un quesito fondamentale da risolvere. Che fare da grande? Che strada intraprendere per la sua carriera solista? 
In attesa di decidere prese lezioni di pianoforte.

Nel 1976, pronto per ritornare sulle scene fece parecchie telefonate alle quali risposero Tony Levin, Steve Hunter, Jimmy Maelen, Allan Shwartzberg e Larry Fast. Ma soprattutto, per quel che interessa la nostra storia, chiama anche un suo vecchio amico che si era ritirato a meditare da qualche tempo, Robert Fripp. I due si conoscevano fin dai tempi d’oro. Uno dei mellotron di Sua Maestà era stato venduto agli ancora debuttanti Genesis.

Ci immaginiamo la conversazione telefonica:

(ricostruzione "drammatica")

Squillo di telefono.

Robert: “hello?”.

Peter: “Buongiorno Robert, sono Peter. Come stai?”

Robert: “ …..???? ...  Peter … Hammill?”

Peter: “ma no … Peter Gabriel. Stavo con i Genesis qualche anno fa. Ti ricordi? Il gruppo a cui hai mollato quei catorci di mellotron? ….”

Robert: “…. le difficoltà non compromettono l’obiettivo, il difficile è non compromettere l’obiettivo …."

Peter: “… eh?? … a si, mi avevano detto che ti ieri dato alla filosofia …. ma per me i Genesis sono acqua passata, io vado avanti. Basta con ali di pipistrello e maschere da volpe, ho tante idee nuove che vorrei condividere con te e vedrai, non ci fermerà neanche il diluvio ….

Robert: “ …. è impossibile raggiungere lo scopo senza soffrire”.


PGI

Il gruppo si riunì da luglio del ‘76 a gennaio del ‘77 ai Soundstage studio di Toronto sotto la professionale ma poco amichevole guida del produttore Bob Ezrin, il quale, abituato a gente come il Sig. Vincent Damon Furnie (Alice Cooper), inglesi colti e depressi come Gabriel o Fripp sembravano alieni appena sbarcati da Altair IV.

"Peter Gabriel I", per i fan "CAR" è un buon album ma discontinuo a causa delle incertezze di Gabriel sulla direzione musicale da prendere.
Il singolo "Solsbury Hill", riflessione  sulla sua decisione di lasciare i Genesis, vende molto bene e aiuta a far guadagnare all’album un disco d’oro.
Le parti di Robert Fripp si limitano a pochi ma qualificanti inserimenti, qua e la, non perché non gli andasse di suonare ma a causa sempre di Ezrin al quale la chitarra di Fripp non piaceva proprio.
Il brano d’apertura "Moribund the Burgermeister" tradisce ancora un’aria alla Genesis come anche la magnifica "Hundrum" ma altri brani se ne discostano decisamente. "Exscuse Me", introdotta da un divertente quartetto Barber Shop diretto da Tony Levin vede una inedita performance di Fripp al banjo. Altro brano trionfale è la conclusiva "Here Comes the Flood", con una produzione lussuosissima (mentre "Modern Love" per esempio, decisamente no), qui è nella sua versione rock ma in tutt’altra versione il magnifico brano farà da chiusura ad un altro progetto, questa volta di lunga scadenza, di Robert Fripp
Ad insaputa di entrambi, per Tony Levin e per Robert Fripp, il primo album di Peter Gabriel inaugurerà una lunghissima e fruttuosa collaborazione futura.

Finito a novembre del 1977 il tour con Fripp dietro le tende (ma nel 1978 lo sgabello verrà spostato più avanti) è il momento di pensare al secondo album.
"Peter Gabriel II", per gli amici, "Scratch", viene prodotto questa volta da Robert Fripp. All’inizio Gabriel di questo sarà molto contento. Dopo avrà di che lamentarsene.
L’ex cantante dei Genesis, ignaro di essere uno strumento di Fripp, non poteva sospettare che il secondo SUO album fosse in realtà tassello di un progetto più vasto che comprendeva altri musicisti del tutto estranei a lui.

Zitto e suona la chitarra.

Ma torniamo un poco indietro, al momento dell’uscita di Robert Fripp dal suo ritiro spirituale.
Fripp esce dalla Sherborne House evocato dalla chiamata di Gabriel senza aver più toccato un strumento musicale dal suo ritiro nella comunità ma con una consapevolezza musicale e del ruolo del musicista ben più chiara e disciplinata.
A volte per fare due passi avanti bisogna farne prima uno indietro.

Il suo rientro nel mondo della musica popolare gli permette di portare in essa due concetti fino a quel momento quasi del tutto estranei, concetti sintetizzati dallo studio e la pratica del Tasawwuf, il misticismo islamico, il sufismo.

Al fine pratico e applicativo il concetto della musica ripetitiva, che se fino a quel momento in "occidente" era praticamente territorio solo dei minimalisti americani o al massimo di alcuni discepoli europei deviati come i Soft Machine o Mike Oldfield, con Fripp acquisterà un livello superiore e originalmente in senso orientale, oltre alla scoperta dell’acqua calda dei punti di similitudine fra questa e la musica rock/pop.
Ciò equivale nella storia della musica moderna a quello che è stato nella storia generale dello sviluppo tecnologico umano il passaggio dallo sgabello alla sedia. Oggi ovvio ma finché qualcuno non ci pensa ....

Come succede nella musica sufi di matrice turca e nella pratica dei dervisci roteanti, una sequenza di note riprodotta ciclicamente annulla il tempo e lo spazio portando ad uno stadio superiore dell’essere. Perché ciò accada serve però che la sequenza sia ricominciata ogni volta come se fosse la prima. Diversamente avremo uno stadio di meccanico tedio che sortisce l’effetto contrario. Tutto ciò richiede sia da parte dell’esecutore, sia dell’ascoltatore, uno stato di ascolto attivo ma privo di aspettative. Liberarsi la mente da ogni aspettativa prima dell’inizio di ogni ascolto musicale. Per ottenerlo ci vuole ... disciplina.

Dal punto di vista filosofico ed esistenziale invece, distingue e chiarifica la consapevolezza del metodo di approccio del musicista con la sua arte in occidente e in oriente.
"Nella tradizione occidente il musicista è considerato colui che crea la musica. La cultura e la storia occidentale tendono a centralizzare e soggettivare il musicista. L’industria discografica… (non solo quella rock) … creano l’idea che la musica sia proprietà privata.
Nella tradizione orientale il musicista è colui che permette alla musica di accadere"
Il musicista è un veicolo, un mezzo. Non il fine. La musica è una entità metafisica impersonale che esiste a prescindere dal musicista.
"Quando si parla di musica bisogna ricordarsi che essa è totalmente autosufficiente. Essa non ha nessun bisogno che si parli di lei. Ora dovrei tacere."

RF

Le Frippertronic saranno lo strumento attraverso il quale metterà in atto il suo percorso come piccola e intelligente unità mobile.
Ci sono diverse Frippetronic
Quelle pure e passive. Concepite come musica d’ambiente, applicazione che Fripp lascia ad Eno, come nel suo lavoro "Discreet Music" del 1975.
A sua volta la forma pura è utilizzabile nel modo di Fripp, ossia nella forma attiva, stratificata, non ambientale, il che richiede un ascolto altrettanto attivo e costante.
Sono le Frippetronic più difficili da fruire.
Poi ci sono le Frippetronic applicate e sono quelle che possono avere il responso più vasto da parte del pubblico.

Per le Frippertronic pure e attive Fripp conosce e frequenta Joanna Walton (scomparsa nel 1988 per un incidente aereo), proprietaria del "Kitchen", un locale culturale alla moda in quel periodo, nel quartiere di Hell’s Kitchen a Manhattan e realizzerà una serie di dischi/laboratorio. Ne riparleremo in maggiore dettaglio nella prossima puntata. 

Per le Frippetronic applicate il veicolo sarà la trilogia MOR.

Mass Oriented Rock: la trilogia.

Con la trilogia (che Robert Fripp battezzerà con ironico risposta all’Adult Oriented Rock), M.O.R, lo sperimentatore tastierista che usa la chitarra, intende "agire nel mercato senza essere soggetto alle leggi di mercato", applicando, tramite "artisti di prima fascia", più o meno consapevoli, le sue concezione filosofiche musicali e le tecniche che ha fatto proprie, in un contesto più popolare e mainstream
Nel 1977, terminati per il momento gli impegni con Gabriel, Robert Fripp, trasferitosi a New York, troverà un terreno congeniale per le sue idee di musica, proprio in una delle due nuove capitali (l’altra è Berlino) del punk/new wave colto di Ramones, Devo, Patti Smith, Television, Talking Heads, ecc., contrapposto al punk anarchico, volgare e musicalmente insignificante che fioriva contemporaneamente in Gran Bretagna.

Il 1976 e il 1977 sono anni cruciali. Si entra nella fase decadente della spinta creativa e colta della musica elettrica popolare, scaturitasi dal precedente anno spartiacque, il 1966/67. Stanno arrivando la disco music e le ondate iconoclaste del punk, che tutto vuole distruggere e niente crea. In questo contesto Robert Fripp potrebbe apparire incongruo, e degno rappresentante di quei "dinosauri del rock" che i nuovi idoli delle ultime generazioni "arrabbiate" e con le spille da balia, dileggiano come rappresentanti del vecchio e ammuffito "ordine conservatore", non accorgendosi, per mera disinformazione e superficialità che Pretty Things, Deviants, Them, Troggs e altri negli anni ’60, facevano già lo stesso tipo di musica, basata sulle stesse concezioni ideologiche e sociali, di cui i nuovi punk si rivestono, e senza sputare sul pubblico. 

Invece Fripp, "piccolo, mobile e intelligente" toglie i panni della rock star progressiva dei primi anni 70. Li toglie letteralmente cambiando look: si toglie gli occhiali, si taglia i capelli e veste in completi eleganti, e li toglie ideologicamente cominciando una serie di collaborazioni con artisti e musicisti americani estranei fino a quel momento alle sue frequentazioni musicali.
Come i Blondie, o come le sorelle Roche. Vola per 6 giorni a Berlino (vedi The Road To 1981 Parte 3 ) e riprende i legami con Daryl Hall del duo pop soul di successo Hall & Oates.
I due si erano conosciuti nel 1974 e fra di loro si era subito creata una alchimia simpatica. Anche Daryl Hall, come Fripp, Eno e poi Bowie, è interessato all’esoterismo e alla magia rituale in particolare. 

Rimasero in contatto progettando di fare qualcosa insieme prima o poi. Tre anni più tardi Fripp produrrà e suonerà nel primo disco solista di Daryl Hall, "Sacred Songs".


MOR1: Sacred Songs


"Sacred Songs" vede per la prima volta le Frippetronic nella loro versione applicata e il fatto che siano "applicate" in un contesto musicale occidentale e "mondano", può far apparire l‘album straniante perché ci si aspetta un album di rock and roll normale. Ma c’è Fripp che di normale ha ben poco. Lo stesso Daryl Hall è in realtà abbastanza fuori dai contesti che si possono aspettare i fan di Hall and Oates, del pop soul di Philadelphia. I fan progressivi più snob, che guardano solitamente dall’alto in basso qualunque cosa che duri meno di 6 minuti e non abbia un cambio di tempo al minuto, lo accuseranno di essere un album di rock and roll (come se fosse una colpa), ma è come accusare un film del terrore di essere terrorizzante. La maggior parte del lato A, è occupata da un trittico, "Babs an Babs", "Urban Landscape", "NYCNY", (in tutto fanno quasi 15 minuti ) dove ci sono i maggiori contributi di Robert Fripp all’album come performer, con le sue 'tronic. "NYCNY", che troveremo in "Exposure" in versione differente, qui è quasi un prototipo di Nuovo Metal del 21° secolo. Interpretato perfettamente dalla voce di Hall, filtrata di metallo, e dalle metalliche scale al fulmicotone di Fripp.
L’ultimo brano del lato B, "Without Tears" è ispirato al libro "Magick Without Tears" di quella "grande bestia" di Alistair Crowley.
Di sicuro "Sacred Songs" è una raccolta di songs rock (and roll) colto e raffinato che non si ascolta tanto con le viscere ma con la testa … c’è Fripp. 

L’album doveva rappresentare la prima parte della trilogia M.O.R. (Mass Oriented Rock) di Fripp ma ostacoli dovuti dall’etichetta di Daryl Hall, la RCA ne ritardarono l’uscita al 1980, confondendone in gran parte il senso.


MOR2: PGII

Il secondo disco di Peter Gabriel esce il 3 giungo del 1978. Prodotto da Robert Fripp che decide di togliere i filtri dalla voce di Gabriel, il quale all’inizio non protesta ma in seguito se ne avrà a male. Vero che Peter Gabriel ha sempre sottostimato le sue capacità vocali ma è anche vero che se "cambiamento e distacco" dai Genesis doveva esserci, il primo passo consisteva proprio nel trasformare la voce di Gabriel da quella di narratore di fiabe a qualcosa di più adatto al tipo di musica e di sonorità verso cui stava andando. In questo "PGII" funziona bene come album di transizione ma i risultati musicali purtroppo non sono all’altezza del ruolo che l’album ha nella sua carriera.
L’album mischia brani oscuri e sperimentali ad altri brani decisamente riempitivi. Il singolo "D.I.Y" fallisce la scalata alla classifica e ancora oggi l’album è considerato il disco più debole dei primi 4 omonimi.
Ma anche della trilogia Frippiana.

"D.I.Y" e "On The Air" sono due brani rock dignitosi sulla falsa riga di "Modern Love" nell'album precedente. 
I momenti più belli si raggiungono con la struggente "Mother Of Violence" con il testo della moglie Jill e con il brano "White Shadow" che chiude il primo lato con un grande assolo di Robert Fripp, che qui, essendo anche il produttore può ritagliarsi più spazio rispetto al primo lavoro di Gabriel.
A suonare nell’album troviamo ancora Tony Levin e Lerry Fast ma alla batteria arriva Jerry Marotta che in futuro sfiorerà ben due volte l’opportunità di entrare nella Corte Cremisi
L’unico brano dell’album scritto in collaborazione tra Gabriel e Fripp è "Exposure". Il manifesto di tutta la trilogia. 
L’idea di usare le Frippertronic su base funky è di Gabriel, dando continuità ai concetti espressi nell'album di Daryl Hall, dell'uso delle Frippetronic in contesti apparentemente inconsueti, con un risultato allo stesso tempo straniante e conturbante.
I suoi gridi impossibili verranno sostituiti da quelli di Terre Roche nella versione che Fripp farà per la sua terza parte della trilogia. "Exposure", come brano ma soprattutto come album rappresenta il fulcro centrale della trilogia e della strada per il 1981.

MOR3: Exposure

"It is impossible to achieve the aim without suffering" - J.G. Bennett.


L’album di Robert Fripp, "Exposure", fu realizzato a più riprese in due anni fra il gennaio del ‘77 e il gennaio del ‘79. Uscì finalmente a giugno dello stesso anno. Con la partecipazione di, Tony Levin, Phil Collins, Narada Michael Walden, Jerry Marotta, Daryl Hall, Peter Hammill, Peter Gabriel e altri. 

"Exposure" ha molti più punti di contatto con l’album di Hall che con quello di Gabriel, risultandone, tra le altre cose, come una sorta di prosecuzione avanzata.
All’origine l’album doveva essere inteso come seconda collaborazione tra Hall e Fripp ma il ripensamento di Fripp, di essere coerente verso la filosofia non commerciale lo convinsero a far cantare i pezzi già pronti con Hall ad altri musicisti meno "commerciali". L’album è la summa di tutto quanto fatto da Fripp (e dal rock) fino a quel momento e attraverso le varie "musiche", il concept svolge un percorso psicologico dei vari stati d’animo interiori dell’autore.
Racchiuso in una prefazione e una postfazione l’album ripercorre una giornata ideale di Fripp nel suo periodo a New York.  E la città, in tutto il suo caos cosmopolita è ben rappresentato dagli inserti parlati del brano "NY3", rifacimento strumentale del brano "NYCNY" pubblicato precedentemente nell’album con Daryl Hall, con l’aggiunta di litigi casalinghi registrati da Fripp sul pianerottolo di casa.
Gli inserti parlati, ossia la voci di J.G.Bennett e di Shivapuri Baba, spezzano il flusso musicale da brano a brano.
Si tratta di una trovata innovativa che verrà molto utilizzata dal rock futurista da li in avanti. Ma Fripp cita se stesso perché l’idea l’aveva già utilizzata in tempi non sospetti per Giles, Giles and Fripp.

L’album si apre con il Rock and Roll spinto di "You Burn Me Up I’m a Cigarette" affidata alla voce di Daryl Hall, dando, come detto, continuità alla trilogia. "Braethless" usa le Frippetronic in un contesto fino a quel momento inedito, ossia quello Crimsoniano. La batteria di Narada Michael Walden, il basso di Tony Levin insieme a chitarre e frippetronic, anticipano addirittura i King Crimson degli anni ’90.
Il brano frippertronico "Urban Landscape", anche questo già nel disco "Sacred Songs" di Hall, in "Exposure" sfocia nel brano che abbiamo conosciuto come "NYCNY" nell’album di Hall. Qui invece è intitolato: "I May Not Have Had Enough of Me But I’ve Had Enough of You" (forse non ho avuto abbastanza di me ma ho avuto abbastanza di te). La frase è un capolavoro per gli infiniti giochi di parole a cui si presta e di cui la traduzione fatta qui ne è solo una delle tante possibili. Nella versione di "Sacred Songs", "NYCNY", Daryll Hall "hammileggia" un poco, qui il tour de Force vocale poteva essere affidato solo all’originale: Peter Hammill in duetto con Terre Roche.
Tutto il testo, diverso da quello di Hall, è pieno di doppi sensi e si deve alla Walton, musa e anfitrione(a) di Fripp in quel periodo. Tra i due c’era ben più di un intesa artistica, interrotta dalla tragedia accaduta alla donna. Ben prima comunque che Fripp si sposi con Toyah Wilcox.
La degna chiusura dell’album e di tutta la trilogia MOR, immersa nelle frippertronic acquatiche, è con "Here Comes the Flood", qui in una versione per voce e piano, frippetronic e sintetizzatori di Brian Eno (uno dei soli tre contributo di  Eno alla trilogia) che restituisce al brano tutta il suo drammatico e diafano significato, che la versione pop-pomposa di Bob Ezrin, mai piaciuta veramente a Gabriel, gli aveva tolto. 

Come già detto, esistono alcuni brani contenuti in "Exposure" in versione alternativa (ma più propriamente in versione originale) cantati da Hall al posto di Hammill. Inoltre lo zampino dei discografici contribuì ulteriormente a rendere la Trilogia non chiara e non commerciale. 
C’è da chiedersi, se l’album "Sacred Songs" fosse uscito nel ‘77 come inizialmente progettato, che forma avrebbe preso la trilogia? "PGII" sarebbe probabilmente rimasto così com’è ma per "Exposure" non si può dire.

Nella lotta tra Fripp e l’industria discografica chi ha perso e chi ha vinto?
L’industria discografica, che nel tentativo di contrastare Fripp, ottiene il risultato di rendere la trilogia meno comprensibile e fruibile da parte della Massa? Ossia meno "di mercato pur agendo nel mercato"?
Oppure Fripp, che nel tentativo di rendere più fruibile e commerciale, cose che non lo sono per niente, produce, compone e suona dischi chiave per lo sviluppo della popular music? Ossia "meno di mercato pur agendo nel mercato"?

Tutte queste domande restano senza risposta, perché è il momento di un altro salto nell’anno 1978, lo stesso mese di inaugurazione del Drive to 1981, a settembre, in Svizzera.


Nella quinta puntata di "The Road To 1981": Fripp e Tronics, di nuovo Bowie e Gabriel, Talking Heads e conclusione.













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