L'11 di marzo si è ricordato l'anniversario della nascita di Douglas Adams, il grande scrittore e umorista autore di una delle opere di culto della fantascienza mondiale, La Guida Galattica per Autostoppisti e relativi seguiti. Sono anni che non leggo Adams però sia per il grande parlarne in rete e sia per le associazioni mentali e mnemoniche con cui la nostra mente spesso ci sorprende mi è venuta la voglia di rileggere questo Venus on the Half-Shell (Venere sulla conchiglia) romanzo di Kilgore Trout sulla vecchissima (e sicuramente tagliatissima) edizione Mondadori Urania che possiedo (poi ristampato).
Il romanzo racconta le gesta di Simon Wagstaff che a seguito di un nuovo diluvio universale provocato da alieni con buone intenzioni, resta l'unico abitante del pianeta Terra. Trovata un'astronave e alcuni compagni "eterogenei", un cane, una civetta e un robot femminile di piacere, decide di vagare per l'universo in cerca della risposta alle domande fondamentali. Chi siamo ? Da dove veniamo ? Dove andremo? Wagstaff e i suoi male assortiti compagni visitano uno dietro l'altro una serie di mondi i cui abitanti sia per biologia che per società sono uno più improbabile dell'altro, raffigurando, il romanzo, una carrellata di tutte le assurdità e i luoghi comuni della fantascienza.
Ma chi è Kilgore Trout ?
Nato nel 1907 (oppure 1917) e morto nel 1981 (oppure 2001) è uno scrittore classico di SF di scarso successo. Autore di racconti cinici e pessimisti che anche le riviste specializzate (Amazing, Astounding ecc.) hanno sempre rifiutato e costretto quindi a pubblicare i suoi lavori su riviste pornografiche (anche più infime delle già infime riviste di fantasciemenza).
Kilgore Trout è stato inventato dal famoso scrittore di fantascienza ... ehmm .. di narrativa mainstream, Kurt Vonnegut Jr. e ispirato ad un altro grandissimo autore, Theodore Sturgeon ( pseudonimo di Edward Hamilton Waldo) in realtà uno dei primi scrittori "veri" e grande stilista di prosa della storia della fantascienza americana. Trout lo si può trovare in molte opere di Vonnegut. Principalmente ne "La Colazione dei Campioni", in "Dio la benedico, Mr Rosewater", "Mattatoio n.5" e tanti altri. Per Vonnegut, Kilgore Trout è la quinta essenza del tipico scrittore americano di SF. Uno scribbacchino senza talento, un poco cialtrone e sfigato (due su tre calzerebbero ad A.E. Van Vogt).
Kurt Vonnegut Jr. |
Theodore Sturgeon |
Theodore/Kilgore Sturgeon/Trout e Kurt Vonnegut si conoscevano fin da prima di intraprendere ciascuno la carriera di scrittore di fantascienza. Il primo è rimasto nel genere tutta la vita diventandone uno dei maestri con capolavori come "More Than Human" e "The Dreaming Jewels", lavori molto "letterari" e poco "fantascientifici". Il secondo, dopo i primi anni nel genere, con opere anche di elevata fattura come, "Distruggete le Macchine" e "Le Sirene di Titano" ha abbandonato il settore per diventare uno scrittore mainstream di culto con opere tra le quali quelle citate sopra ma continuando ad avere contatti con il suo vecchio mondo narrativo attraverso un personaggio sberleffo.
Quindi il romanzo "Venere sulla conchiglia" lo ha scritto Kurt Vonnegut ?
No!
Lo ha scritto il più coraggioso e irriverente scrittore di fantscienza mai esistito, il mai abbastanza compianto Philip José Farmer (Un amore a Siddo, Riverworld, Fabbricanti di Universi) nel 1975, come "controparodia" alla parodia di Vonnegut. Lo stile ricalca quello descritto da Vonnegut su Trout ne "La colazione dei campioni" e il romanzo vero e proprio prende le mosse da due paginette fittizie che si trovano in "Dio la benedica, Mr Rosewater".
Vonnegut non apprezzò mai del tutto questa risposta alla sua provocazione iniziale e come beffa alla beffa, all'inizio tutti credettero che fosse proprio Vonnegut l'autore, in un periodo, il 1975, quando ormai aveva abbandonato la narrativa di genere.
Come già detto, nel romanzo ci troviamo davanti a biologia, società ma anche situazioni tra le più assurde.
Il coraggio di Farmer, già testimoniato in molte sue opere, è tale che riesce a usare pagine e pagine per dare motivazione a queste assurdità in un esercizio stilistico ammirevole e gustosissimo.
E il bello è che queste spiegazioni riescono spesso ad essere convincenti. Se ci dimentichiamo però l'assurdo da cui parte l'assunto.
E all'ora perché tutto questo ? E perché no ?
Donald McHeyre
Nessun commento:
Posta un commento