mercoledì 18 maggio 2016

BIll Bruford, scienziato della batteria (parte 1 di 3)

William Scott Bruford (17 maggio 1949 - vita lunga e prospera), il 1° gennaio 2009, dopo 41 anni di musica e concerti in tutto il mondo con i più disparati artisti, ha annunciato il suo ritiro dalla vita pubblica, sospendendo ogni attività concertistica e discografica.
Dal 2009 ad oggi, Bill Bruford ha intrapreso la strada del conferenziere e del saggista, portando la sua vasta esperienza e il suo originale talento sulle pagine di un libro pubblicato nel 2009, "Bill Bruford The Autobiography", molto apprezzato da pubblico e critica per la sua capacità di raccontare la vita (non solo la sua), attraverso la musica e le esperienze umane, con ironia, umorismo e profondità. 
La sua attività di conferenziere gli ha meritato un Dottorato di Filosofia e Ricerca conferitogli dalla University of Surrey a febbraio del 2016, come giusto coronamento di una lunga carriera, mobile, intelligente e per nulla piccola.

Quella che sta per cominciare è la storia di un uomo, di un musicista che ha scelto la batteria. Una storia raccontata attraverso i fatti salienti della sua vita, il suo pensiero ma soprattutto la musica, sua e di altri per la quale ha prestato il suo originale talento sempre all’insegna del gusto, della misura e dell’intelligenza. 
Tre fattori non così comuni nell’industria discografica.

Yes, King Crimson, Genesis saranno solo la punta dell’iceberg musicale di questa storia ..... la media qualitativa sarà elevata ed è sempre pericoloso abituarsi all’eccellenza.

Testo originale scritto per 3 puntate radiofoniche dedicate a Bill Bruford, andate in onda a luglio del 2010 e qui adattate per il blog.

Lo speciale contiene anche "I Ferri del Mestiere" analisi dei drum set di Bill Bruford.



William Scott Bruford nasce il 17 maggio 1949 a Sevenoaks nel Kent, non lontanissimo da Canterbury ma più vicino a Londra. Ultimo figlio di un veterinario di campagna e di una casalinga. Una famiglia all’antica di quelle tipicamente inglesi di campagna. 
Anche se non navigano nell’oro il lavoro del padre permette una vita dignitosa, almeno rapportata al clima di austerità dell’Inghilterra del dopo guerra.

A casa nessuno ha mai dimostrato talenti, o almeno particolari interessi per la musica e per il giovane Bill si prospetta un futuro di studi universitari, un posto di dirigente (forse), sicuramente di contabile (come un altro grande del drumming britannico: Jon Hiseman).
Per mandare all’università tutti i tre figli del veterinario di Sevenoaks i soldi non bastano.
Non per Jane, la più grande. La mentalità dell'epoca imponeva ancora che le ragazze "per bene" dovessero rimanere a casa. Il secondo genito Jeff non ha mai dimostrato particolari predisposizioni per lo studio quindi resta al brillante William Scott fare carriera. 
Ne farà ma non nel modo che si aspettavano i suoi genitori. E neanche lui stesso.

Ma dove nasce la voglia di fare musica? Che cosa spinge il giovane figlio del veterinario a diventare un musicista e nello specifico, un batterista? Una risposta certa e univoca non esiste e ce la potremmo cavare con la teoria metafisica che siano gli strumenti a scegliere noi. 
Limitiamoci alla biografia.
A 13 anni la sorella, Jane, gli gira un paio di spazzole da batterista, regalategli dal suo ragazzo. Notizia curiosa considerando che di spazzole nella carriera di Bruford se ne vedono al massimo in un paio di occasioni. Una so qual è, l’altra devo ancora trovarla. 
Il giovane Bill comincia a percuoterci le copertine dei dischi a simularne un suono "batteristico". Questo e i programmi televisivi di jazz che all’epoca, i primi anni 60, ancora dominano la scena, lo porteranno ad amare il jazz più del rock, fattore fondamentale per capire il suo approccio allo strumento e al rock stesso.

Bruford va a studiare al liceo di Tonbridge dove viene in contatto con altri amanti di jazz.  Se fino a quel momento, chiuso nella soffitta di casa, con il suo primo economico drum set, gli orizzonti musicali erano rappresentati da gente come Chris Barber, Kenny Ball o Acker Bilk, con le frequentazioni scolastiche i suoi idoli diventano Davies, Monk, Gilliespie, Parker.
Questi nomi, tra i più avanzati nella sperimentazione jazz, gli vengono introdotti dal suo primo vero maestro di batteria, Mike Swann, un altro studente di Tonbridge ma già batterista professionista. 
In questo periodo comincia la gavetta, necessaria per ogni futura carriera matura e consapevole, gavetta fatta di tanti piccoli momenti. Emozionanti, incerti, tragicomici. Come un viaggio a Roma nel 1968 per suonare al Piper Club tra sogni di gloria e successo ma terminato con un ritorno a casa senza un soldo, senza la batteria e come terzo incomodo nella macchina di una coppia hippy. 

Terminata la scuola a 18 anni, Bruford decide di prendersi un anno sabbatico. 
La scelta è fra tentare la strada della musica cercando di diventare professionista o quella di entrare all’università di Leeds per una carriera da colletto bianco, più sicura ma anonima.
Decisione non facile considerando anche che proprio in quel momento, 1968, il blues elettrico inglese sta vivendo il suo Boom, a discapito del jazz.
Il giovane figlio del veterinario si affaccia nella Londra nel periodo di massima diffusione della musica elettrica albionica e dopo un inizio non incoraggiante con i Savoy Brown (difficile immaginare un gruppo meno adatto per lui) avviene il punto di svolta della sua vita.
Nel modo più ovvio che ci possa essere: a seguito di un annuncio sul Melody Maker incontra due buffi tizi, uno lungo e l’altro corto. Nascono gli Yes.

Il primo gennaio 1968 Bruford decise che sarebbe diventato un batterista professionista.
Il primo ingaggio importante, quello della svolta, lo ebbe con gli YES il 28 novembre dello stesso anno al Royal Albert Hall, come gruppo spalla per il concerto di addio dei Cream.
Tra queste due date il riccioluto batterista esce dal gruppo per iniziare i corsi alla Leeds University e proprio lì, per un concerto, il gruppo lo rincontra e lo riprende a bordo per l’importante data di fine novembre. 
Un evento altamente simbolico a pensarci quello del Royal Albert Hall. Un gruppo ormai considerato storico (anche se sono passati solo 4 anni) e sicuramente seminale, lascia il testimone alle nuove leve "progressive" rappresentate in questa occasione dagli YES.
Il momento è solenne, storico e condiviso dal pubblico in sala, numeroso come Anderson e soci non hanno mai visto, inizia il concerto e  ...... a Bill Bruford vola una bacchetta.

Dopo i due primi album, nel 1969 e nel 1970, sottovalutati all’epoca ma già musicalmente pregni e potenti, (e poi in brani come "I See You" con i tempi swing Bruford ci sguazza) il successo per gli YES arriva insieme al prodigioso Steve Howe (il Bruford della chitarra?) prima, ed il prode Riccardone Wakeman, subito dopo. Il 1971 sarà l’anno mirabilis del gruppo. 

In "The YES Album", forte di classici immortali come "Starship Trooper", Bruford, è ancora “acerbo” (tra virgolette) ma già grandioso (senza virgolette). Molti, oggi,  tra quelli che hanno conosciuto il batterista a ritroso, si meravigliano di quanto fosse già bravo in questi dischi.
Nel successivo, straordinario "Fragile" (prima copertina di Roger Dean per gli YES), l’idea è che a brani collettivi si alternino brani "solisti", dove ognuno dei 5 componenti possa dare sfoggio del suo estro creativo. Il contributo di Bruford è  "Five Per Cent for Nothing". Si riferisce alla percentuale che prendeva il management per non fare sostanzialmente nulla.
Bruford aveva già contribuito alla composizione di alcuni brani dei dischi precedenti, dimostrando che un batterista non è solo "colui che percuote a caso e quando vuole" come amava pensare il loro bravo ma incolto manager Brian Lane ma il brano "solista" di "Fragile" dimostra tutta l’intelligenza e la preparazione musicale del nostro in una traccia che dura solo 35 secondi ma che ha dato molto da fare ad Howe e Squire.

In altri brani dall’album, come "South Side Of The Sky" e "Heart Of The Sunrise", tra quelli collettivi, Bruford dimostra già l’assoluta precoce maturità tecnica e stilistica, capace di adattare il suo amato jazz alle esigenze del rock cosiddetto progressivo.

Nel 1972 gli YES sono ormai delle star internazionali. 
I concerti fanno il tutto esaurito e i giornali sia quelli specializzati che generalisti gli dedicano intere pagine. 
In un mercato discografico in continua crescita gli YES per essere al passo devono realizzare un'opera ambiziosa e tecnologicamente all’avanguardia.
Il 13 settembre, dopo più di 3 mesi di massacranti prove e di maniacale lavoro in studio esce "Close To The Edge", da molti considerato il loro capolavoro ma per Bruford si tratta di un "limite" superato. Le estenuanti attese in cerca del take giusto e i movimenti da bradipo di Squire colmano la misura per il batterista che decide, ormai in cima all’olimpo discografico, di lasciare il gruppo: "quando arrivi al successo ti adagi e continui a ripetere te stesso mentre io volevo mettermi in discussione e andare avanti", dichiarerà un assennato e lungimirante Bill Bruford
All’epoca poteva sembrare l’ennesimo capriccio di un musicista talentuoso ma arrogante e presuntuoso, come esso stesso si definirà più anziano, ma la storia del rock di quegli anni dimostra quanto alla fine avesse avuto ragione.
Il management gliela fece pagare cara, con una penale contrattuale esorbitante, scoprendo oltretutto che di soldi guadagnati ce ne erano davvero pochi . Dove erano finiti?

Non erano ancora i tempi delle mega rock star miliardarie come accadrà da li a poco.
E si che Bruford tra tutti loro (dimostrando la sua formazione da contabile) era l’unico del gruppo che si preoccupava di fare i conti e di tenere qualcosa da parte. Cosa di cui si occuperà per tutta la sua carriera, senza mai cadere in atteggiamenti e vizi da rock star.

Bill Bruford se ne va.
Ma il salto nel vuoto non era senza rete. 
Sua Maestà Cremisi era li che lo attendeva.


.... e John!
Bill Bruford e Robert Fripp si annusavano già dal 1969. 
I King Crimson erano uno dei gruppi più rispettati ed ammirati fin dai primi concerti al Marquee e l’uscita del loro primo album, "In The Court Of The Crimson King", ad ottobre del 1969, è ancora oggi ricordato come uno dei più folgoranti esordi della storia del rock. 
Poi a seguito dello scioglimento della formazione originale, Fripp e Sinfield erano andati avanti con tre album suonati da musicisti solo sulla carta membri effettivi.
Nel 1972 dopo il divorzio con Sinfield, colui che aveva creato il nome e la filosofia cremisi, Fripp si trova da solo e in cerca di una direzione totalmente nuova.

King Crimson e Yes si conoscevano bene: frequentavano gli stessi locali, sia per suonare che per bere, anche se agli YES, pare, che Fripp non sia riuscito ad "ammollare" nessun mellotron scassato (Kaye non avrebbe saputo che farci, Riccardone glielo avrebbe tirato addosso).
Bill Bruford, che andava ad ascoltarli spesso, chiedeva ogni tanto all’occhialuto e seduto tastierista che suona la chitarra  di farlo entrare nel progetto e Fripp rispondeva ... "non ancora, non ancora". Segno che l’intenzione c’era. 
O perlomeno che Fripp lo stesse, come dire... covando. 
Ma nel 1972 il momento era giunto. Dopo 4 anni con gli YES Bill Bruford era pronto per i King Crimson.

L’esperienza di Bruford condivisa con Fripp, Wetton, Cross e Muir durerà soltanto 3 anni scarsi ma in questo breve lasso di tempo - con 3 album all’attivo, "Larks' Tongues in Aspic" nel 1973, "Starless And Bible Black" e "Red", antrambi del 1974, e una serie di concerti potenti e strepitosi - porteranno alla musica del XX secolo un nuovo e profetico modo di fare le cose, inventando, tra l’altro, il metal ed il trash e anticipando il rock ragge dei Police.

Quella tra Bill Bruford e John Wetton resta ancora oggi una delle più originali sessioni ritmiche di sempre ma soprattutto per il nostro, entrare in questa reincarnazione del Re Cremisi, significherà conoscere il suo secondo e più importante maestro: Jamie Muir.
Costui è un bizzarro scozzese, studente d’arte e appassionato di sonorità che oggi definiremmo "etniche". Aveva militato in un gruppo chiamato Sunshine insieme ad un giovanissimo Allan Holdsworth
Muir entra a corte portando un altro drum set da affiancare a quello di Bruford ma soprattutto porta un assortimento di strumenti percussivi presi dai quattro angoli del globo e di oggetti improbabili dai quali tirare fuori suoni inusitati e inaspettati.

Per Bruford si apre un orizzonte di possibilità mai visto con gli YES. Se con costoro la regola era, incastrare le tessere finchè combaciano, con i King Crimson la regola era, fare esattamente ogni cosa mai fatta fino a quel momento.

Muir farà da mentore anche per la filosofia che si trova dietro al suonare la batteria. 
"tu sei al servizio della musica non la musica al tuo servizio" ripeteva il giovane Muir ad un altrettanto giovane ma meno saggio Bruford (e a Fripp che ascoltava di nascosto). 
E di tale concetto Bruford farà tesoro per il resto della sua carriera.

La formazione inaugura un tour a settembre del 1972. Alle prime diffidenze del pubblico segue subito un entusiasmo trascinante. L’innovazione di questi King Crimson consiste di adottare forme libere e astratte (jazz?) in un contesto rock potente e venato da un vago senso di minaccia, tanto che non pochi saranno i delusi all’uscita del primo lavoro in studio  nel marzo del 1973, dove si ingabbiano, congelate nel tempo (ma in realtà solo trasferite dalla pancia alla mente), le forme libere e astratte che scaturivano dalle performance dal vivo. L’album "Larks' Tongues in Aspiccomunque ben lungi dall’essere un fallimento, è ancora oggi fresco e affascinante a dimostrazione di quanto fosse avanti ai suoi tempi. 

Jamie Muir, dopo la pubblicazione del primo album di questa nuova fase dei King Crimson, abbandona il gruppo ed entra in un monastero a seguito di aspirazioni mistiche buddiste.
Rimasta solo a Bruford la responsabilità della sala macchine, ma fatto tesoro degli insegnamenti del paziente maestro, nei due anni a venire continuerà la sua maturazione artistica.

Cosa si intende per forme libere e astratte? Nonostante l’eccellente qualità dei tre album prodotti da questa formazione i King Crimson del periodo, fine 1972/1974, esprimevano al meglio il loro potenziale con le esibizioni dal vivo. In questo contesto venivano attivati veri e propri flussi di creatività improvvisativa nei quali Bruford si ritagliava il ruolo di ossatura cardine: impostato un tempo gli altri erano liberi di correrci e rincorrersi intorno a questa boa generando un movimento musicale di suono simile ad una colonna di fuoco che investiva l’ascoltatore in tutta la sua eclettica potenza. 
In altri casi il batterista si univa all’atmosfera collettiva generando momenti ora quieti, ora inquietanti, in una forma libera e senza ossatura dal quale l’ascoltatore era libero di creare il suo brano attivando una forma passiva e inconscia di fruizione. 
Un approccio alla creazione musicale che spesso è stato accostato all’avanguardia colta europea più che a quella americana del minimalismo che influenzerà invece gruppi come i Soft Machine
Il fatto che queste forme astratte venissero incastonate in un contesto "rock", con strumentazione tipica di questo genere, rendeva l’effetto ancora più spiazzante.

Alcune di queste improvvisazioni le possiamo trovare  "congelate nel tempo" soprattutto nell’album "Starless and Bible Black". Registrazioni prese direttamente dai concerti con qualche ritocco in studio, tra questi segnalo un brano intitolato "Trio", tra i cui autori figura anche lo stesso Bruford. Lo strumentale, quieto e riposante brilla per l’assenza totale di batteria e percussioni. In questo contesto l’assenza è il contributo di Bruford al brano.
Altre improvvisazioni, la maggior parte, sono rimaste nei cassetti e nel ricordo degli ascoltatori fino alle recenti pubblicazioni di interi tour dovuti alla DGM del Venal (ma generoso) Leader.

Opss .... scusate!



Nel mese di novembre del 1974 esce l’album "RED". Considerato una delle pietre miliari del rock. 
Due mesi prima Robert Fripp annuncia lo scioglimento del gruppo. La data ufficiale è il 25 settembre 1974. 
L'album, oltre alle molte altre cose che lo ha reso grande, ci permette di apprezzare in studio le capacità jazzistiche di Bruford, prestate al rock, in un contesto proto metal.








Fripp entrerà in una profonda crisi spirituale che lo porterà a diventare seguace delle idee filosofiche di Georges Ivanovič Gurdjieff (per maggiori approfondimenti, vedi la serie in 5 parti The Road to 1981 su questo stesso blog).

Questo, e la profetica visione della fine di un'epoca musicale, convincerà il cervellotico leader ad interrompere le attività all’ennesimo ultimo passo per il successo. Il 1975. La fine dell’epoca prima dell’arrivo del deleterio punk britannico dei gruppi di teppisti creati a tavolino dai discografici.

Lo scioglimento del gruppo per cui Bill Bruford sembrava essere destinato fin dalla nascita non esiste più. Ancora frastornato da questa drammatica verità inizia per lui una fase della sua carriera incerta e fatta di tante collaborazioni, alcune prestigiose altre improbabili. Nell’insieme sembra di non riuscire a trovare una collocazione stabile e adatta dove portare il suo dramming ultrapreciso e i suoi poliritmi complessi.

Alla fine del 1974 finisce in Francia nei Gong di Daevid Allen. L’esperienza non è delle migliori, lui in quel gruppo di freak senza disciplina ci sta scomodo e dopo poche date se ne ritorna in patria. Curiosamente ne esce poco prima dell’arrivo di Allan Holdsworth.
Come  ricordato prima, Il prodigioso violinista prestato alla chitarra, aveva militato durante il periodo psichedelico in un gruppo chiamato Sunshine insieme a Muir ed il tastierista Alan Gowen. Gowen e Holdsworth molto presto incroceranno la strada con il riccioluto batterista.

ll 1975 vede Bruford coinvolto marginalmente in due progetti interessanti. Due opere rock piene di guest star dove il nome del nostro ci si sperde.
La prima è una riduzione in chiave rock di "Peter And The Wolf" (Pierino ed il Lupo) di Prokofiev voluta e realizzata dalla RSo Records. Pubblicata in 5 lingue diverse per la narrazione (si c’è anche l’italia), il progetto coinvolge molti artisti favolosi: Gary Moore, Brian Eno, Chris Spedding, Manfred Mann, Keith Tippet, Julie (Driscoll) Tippet, Jack Lancaster, Percy Jones, Robin Lumley, Phil Collins (questi ultimi tre, diverranno i Brand X), Alvin Lee, Jon Hisemen, Cozy Powell e molti altri.
In tutto questa fiera, Bruford suona solo in un brano e solo il rullante.


La seconda Opera Rock è il leggendario "Flash Fearless Versus The Zorg Women, Parts 5 & 6".
Basato su un opera teatrale di Weston Gavin, il concept dell’album si basa su un fumetto realizzato apposta per il disco che narra le avventure di questo eroe spaziale alla Alex Raymond. Le parti dalla prima alla quarta non esistono.

Qui, tra i nomi coinvolti ci sono quelli, tra i tanti, di Carmine Appice, Nick Hopckins, Alice Cooper, Justin Hatward, Keith Moon, Eddie Jobson e John Entwistle che suona in tutti i brani, compreso, "What’s Happening", che è uno dei 3 con Bill Bruford ... ci suona anche Eddie Jobson.

Una locazione più stabile (ma è solo un fuoco di paglia) Bruford sembra trovarla nei Triggers, insieme al chitarrista Chris Spedding ed al bassista Dave Chocran
I Trigger faranno da gruppo spalla per Roy Harper
Li ritroviamo nell’album "HQ" di Harper del giugno 1975 (registrato a marzo) uno dei più grandi successi del celebre cantautore e in tour con lui tra maggio e luglio. Nonostante i diversi contesti lo stile di Bruford è inconfondibile.

Nel suo vagare tra un progetto all’altro Bill Bruford si ritrova anche a suonare con i suoi vecchi compagni degli YES (ma non con gli YES). Aveva già suonato in un paio delle "Mogli" di Rick Wakeman nel 1973 ma tra il 1975 e il 1976 gli YES, più che mai rock star, attivano una serie di progetti solisti paralleli. 
Uno dei due del 1975 è "Beginnigs", primo album di Steve Howe. Bruford suona negli ultimi due brani. In particolare spicca "Break Away For It All", una specie di summa delle arti del geniale chitarrista e una specie di brano non ufficiale degli YES.

L’altro, sempre uscito nel 1975, è "Fish Out Of Water", per molto tempo unico ed ottimo album solista di Chris Squire
Nel disco, come formazione stabile in tutti i brani ci suonano oltre a Bruford, anche Patrick Moraz e Mel Collins (ma con chi non ha suonato Mel Collins?), anche se le registrazioni sono sovraincise e quindi nessuno di questi ha mai suonato insieme per davvero, per tutte le session di lavorazione il risultato ci da 3/5 degli YES più qualcosina dei King Crimson.
Il brano d'apertura, "Hold Out Your Hand" è essenzialmente pop ma Bruford non riesce proprio a fare un normale 4/4, o meglio nel tempo standard si riconosce perfettamente il suo tocco anche se non il suo leggendario rullante Ludwig senza cordiera che tanto abbiamo imparato ad apprezzare.

Arriviamo al 1976. Tra le collaborazioni inaspettate è questo l’anno più interessante (anche se non necessariamente il migliore) ma capita che eventi non felici mettano in moto altri eventi di tutt'altro spessore.

Cominciamo con i due più marginali:

Absolute Elsewhere, progetto del tastierista Paul Fishman. "In Search Of Ancient Gods" è un album che inizia interessante e prosegue noioso ... e non si sa come finisce .... (ci si addormenta prima). Il concept è ispirato dai lavori ufologici di Eric Von Daniken, che tanto andavano di moda all’epoca. Anche in questo contesto estraneo, lo stile di Bruford è perfettamente riconoscibile anche senza saperlo prima.

Pavlov’s Dog. Cosa c’entra un gruppo mainstream americano con Bill Bruford ?
A parte fare il batterista nel loro secondo disco, "At The Sound Of The Bell", non l’ho mai capito. 
Tra i vari brani, di ottima fattura per il genere, anche se non all'altezza del primo album dei Pavlov's Dog, il nostro Bruford spicca in "Early Morning On", uno dei due più "progressivi" tra molte virgolette, di tutto il disco.


La collaborazione più promettente (dal punto di vista della fama e dei soldini) di tutta la carriera di Bill Bruford è quella accaduta in tour per 6 mesi a partire dall’aprile del 1976.
Peccato che andò diversamente.

Phil Collins, fin dai tempi in cui era ancora nei Flaming Youth, andava di tanto in tanto da Bruford a sistemargli il drum set. Tra i due c’è sempre stata amicizia e rispetto reciproco, quindi, dopo l’abbandono di Peter Gabriel, e l’inaspettato cambio di ruolo di Collins serviva un batterista per andare in tour. A Banks, Collins, Rutherford ..... ed Hackett, sembrò una scelta  azzeccata quella di chiamare il talentuoso batterista dei primi YES e dei potenti King Crimson. Mal gliene incolse. 
Nonostante le diversificate collaborazioni di cui abbiamo parlato poco fa, nel ruolo di mero sessionman, Bill Bruford non ci voleva proprio stare. 
Ora si trovava in un gruppo di prima linea, come YES e King Crimson. Voleva dire la sua e non limitarsi a suonare ogni sera sempre allo stesso modo. Cominciò ad essere polemico e a voler cambiare le carte in tavola ad ogni esibizione, nel contesto di un gruppo che ha fatto della "musica esatta" nel rock, il proprio vessillo.
I signori sopra nominati sono da sempre noti come dei veri english gentleman ed è in questa veste che glielo fecero notare, ma Bruford reagì con stizza. 
Con più anni alle spalle e con con qualche capello grigio in più, Bruford si è scusato pubblicamente di questo suo atteggiamento da testa a cono ma a noi resta l’amaro di questa occasione sprecata. Terminato il tour Bruford se ne andrà e la "grande" idea di far entrare Bruford nei Genesis fece Squonk.

Testimonianze ufficiali le ritroviamo nei live "Seconds Out", uscito nel 1977 e nel 4° lato di "Three Sides Live" uscito nel 1982, una traccia ciascuno ... più qualche bootleg.

Ritorno nel Kent

Sotterraneamente a quanto accadeva con Harper, YES, Pavlov’s Dog, Genesis ecc. tra la seconda metà del 1975 e il 1976 Bill Bruford viene coinvolti nell’ultimo grande progetto degli anni '70 della cosiddetta "Scena di Canterbury". 

I due tastieristi Alan Gowen (di nuovo lui) e Dave Stewart sciolgono i loro rispettivi gruppi: Gilgamesh e Hatfield and the North e si uniscono in un progetto che doveva comprende un raddoppiamento dei ruoli canonici della musica elettrica (due tastiere, due chitarre, due bassi elettrici ecc) una vera e propria orchestra rock ... o un doppio trio?

Il progetto chiamato National Health pubblicherà tre album con un revisione parziale dell’idea iniziale ma all’origine comprendeva Phil Miller and Phil Lee (chitarristi, ex-Hatfield and Gilgamesh rispettivamente), Dave Stewart and Alan Gowen (tastiere), Mont Campbell (basso, ex-Egg, Stewart's earlier band), Bill Bruford e Amanda Parsons (voce, una delle tre Northettes degli Hatfield).
Alcune registrazioni (session da studio e radiofoniche) usciranno dai cassetti solo molti anni più tardi in un CD chiamato "Missing Pieces".
In alcuni brani, ben rappresentativi di questi National Health embrionali, come "Paracelsus", Phil Lee è sostituito da Steve Hillage (che era rimasto nei Gong un poco più di Bruford)  alla chitarra.   
Bill Bruford pellegrino, per gli album veri e propri, verrà sostituito da Pip Pyle.
"Missing Pieces" contiene materiale sparso ma estrapolandone i brani realizzati con Bruford se ne ricava un album (dentro un album), sufficientemente lungo, gradevole e molto interessante, se non vi spaventano le cose complicate ... ma non credo.

Ancor più sotterranei sono alcuni altri progetti che coinvolgono Bruford, sempre tra il 1974 ed il 1976, interessanti in quanto, pur falliti, provocheranno una reazione concreta e inaspettata alle porte degli anni '80.
Bruford e Wetton, sciolti i King Crimson tentano una power trio che coinvolge Rick Wakeman. Avevano cominciato a provare ma l’opposizione dell’etichetta di Riccardone, la A&M records, fa naufragare il tutto. "Non possiamo permettere che la nostra star (Wakeman) perda tempo con musicisti sorpassati e di basso profilo (Bruford e Wetton)". 
I due "bassi profili" tentano quindi di convincere Fripp a riformare i King Crimson coinvolgendo questa volta anche Eddie Jobson  che aveva suonato over dubs nell’album dal vivo postumo "USA", e già suonato per davvero, insieme a Wetton nei Roxy Music, ma Fripp è tutto preso con il suo ritiro spirituale mirante a covare future discipline e quindi, declina.

Bill Bruford come prima reazione alle delusioni avute con i suoi vecchi compagni, si convince a formare finalmente il suo gruppo e diventarne leader, con tutti i rischi e le responsabilità artistiche e finanziarie che ciò comporta. Recluta come braccio destro Dave Stewart e alla chitarra Allan Hodsworth che nel frattempo anche lui bazzicava nel canterbury tra Gong e Soft Machine.
Per il basso elettrico decide di farsi un giro in America, esattamente a N.Y. ad ingaggiare un giovanissimo e all’ora sconosciuto Jeff Berlin
Bruford spiegherà: "Per quello che serviva a me nell’Inghilterra di quel periodo non c’erano bassisti significativi e quelli che potevano esserlo erano tutti occupati.
Gli americani hanno un approccio tutto diverso dal nostro (professionale). Noi Britannici abbiamo le idee, gli americani sanno come metterle in pratica".
Per la verità un bassista scozzese ce lo aveva già, Neil Murray (Gilgamesh, Colosseum II, Hatfield e National Health) ma Bruford se lo teneva solo come soluzione momentanea. Resterà solo per le session preliminari. Con l'entrata di Jeff Berlin, nessun Murray poteva restare.

Bruford, Berlin, Holdsworth e Stewart con la partecipazione della cantante canadese Annette Peacock e di Kenny Wheeler al filicorno si chiudono ai Trident Studios di Londra fra il gennaio e l’agosto del 1977. 
Esattamente un anno dopo, ritardi voluti dalla EG records per motivi che tra poco capiremo, esce l’album "Feels Good To Me", agosto 1978.
Il nome che compare in copertina è semplicemente BRUFORD a rimarcare quanto questo sia un vero e proprio gruppo e non il disco solista di un batterista.
I primi due brani del disco, "Beelzebub" e "Back To Beginning", sono un riarrangiamento corrente di brani all’origine dovuti al trio Bruford, Wetton, Wakemann.

Le composizioni sono in maggior parte del batterista con poche ma significative parti frutto di Stewart, mentre tutto il gruppo partecipa alla struttura complessiva.
Nel primo album a nome di un leader, che è batterista, non solo non appare un assolo di batteria ma addirittura c'è un brano "Springtime in Sibera" della premiata ditta Bruford/Stewart che ne è totalmente privo.

Nel brano "Seems Like A Lifetime Ago" ci partecipa il chitarrista John Goodsall che Bruford aveva conosciuto brevemente nei proto Brand X, prima dell'arrivo di Phil Collins. "Measure The Sky" e "Here I Am Now" risalgono al 1977 per il progetto di John Goodsall che poi sfocerà nei Brand X. In entrambi i brani, che si possono ascoltare nel doppio CD "Brand X - X Files", Bruford è perfettamente a suo agio con il fusion british dei Brand X
Phil Collins non lo fa certamente rimpiangere ma ci piace solleticarci con l'idea che almeno un album dei Brand X con Bill Bruford sarebbe stato molto interessante da ascoltare.

La seconda reazione concreta coinvolge Bruford, Wetton e Jobson, incaponiti a fare il loro gruppo anche senza Fripp ... ma a Bruford viene l’idea di coinvolgere Allan Holdsworth con il quale si era trovato così bene per l’album "Feels Good To Me".

Tra il dicembre del 1977 e il gennaio del 1978, sempre ai Trident di Londra realizzano il materiale musicale. L’etichetta la EG records decide di dare la precedenza a questo progetto, ritardando l’uscita dei BrufordIl primo album omonimo "U.K." uscirà a marzo del 1978. L'album mostra "in potenza" grandi aspettative, rovinate da una produzione non all'altezza e dalle incertezze sulle strade musicali da prendere. Il "fusion progressive" di Bruford e Holdsworth non si incastra perfettamente con il "pop progressive" di Wetton e Jobson. I due partiti in seno al gruppo si contrastano invece di trovarsi a metà strada sui solchi dell'album.

Dopo un tour in Nord America il gruppo si scioglie  a causa delle sempre più pressanti divergenze artistiche tra il batterista ed il chitarrista da una parte, i quali volevano continuare con il loro prog misto jazz e il bassista e il tastierista dall’altra che puntavano a qualcosa di più "commerciale".
Bruford e Holdsworth se ne vanno
Gli UK si riformeranno subito dopo come power trio che coinvolge Terry Bozzio e pubblicheranno comunque altro materiale, più "commerciale" ma eccellente.

Tra gennaio e febbraio del 1979 i Bruford rientrano in studio, questa volta senza la Peacock (con la quale però Bill collaborerà in un album di lei del 1978).

"One of A Kind" è un album totalmente strumentale, dai più distratti confuso con la fusion, che cominciava a spopolare in quel periodo ma in realtà come sensibilità e suoni, molto più vicino alla scuola di Canterbury. Qualunque cosa suoni, l'album è uno dei punti più alti della carriera di Bill Bruford la cui batteria per tutto il tempo si muove con leggerezza e agilità, senza mai un colpo fuori posto ma allo stesso tempo, onnipresente e felice.

Questa volta tutto il gruppo partecipa alle composizioni, dimostrando ulteriormente che i Bruford sono un gruppo e non un progetto solista. Tra i solchi ritroviamo anche Eddie Jobson con il violino in "Forever Untill Sundey", non accreditato ...  e come coautore accreditato (mica stupido) in "The Sahara Of Snow". Due brani che all’origine dovevano far parte del secondo album degli UK con la formazione a quattro.

Ma il, batterista Bill Bruford, di assoli non ne fa ?????? 
Si e no !

Troppo intelligente e raffinato, troppo musicista per appiattire la sua arte in prove ginniche olimpioniche tipiche di molti suoi colleghi. I suoi rari assoli sono sempre vere e proprie composizioni, più vicine all’avanguardia europea di gente come Tony Oxley o Pierre Favre che a quelle tipiche della tradizione di Buddy Rich, anche se l’influenza di costui si sentiva molto all’inizio.
Invece l’influenza di maestri come Max Roarch o Elvin Jones il nostro Bill Bruford la fa sentire tutta nella cover "The Drum Also Waltzer", contenuta nel CD antologico dei Bruford, "Master Strokes", omaggio al suo "Maestro spirituale", Max Roarch.


I FERRI DEL MESTIERE PARTE 1

Analisi dei Drum set di Bill Bruford dal 1968 al 1980

Tra il 1968 ed il 1969, quindi appena prima di entrare negli YES Bruford possedeva un Premier rossa. Anche la prima batteria compratagli dai genitori da ragazzino era rossa ma non so se si tratta della stessa. La composizione è quella standard. Un rullante in legno da 14 pollici, un tom da 13 poggiato sopra, un tom a terra da 16 e una grancassa da 22. Le grancasse saranno successivamente rimpicciolite ma costante di tutti i suoi drum set è che di grancassa c’è n'e sempre e solo una e senza doppio pedale, da buon jazzista d’altronde ...

Le marche dei piatti sono Zildjian. Un crash ed un crash ride. Le pelli sempre e solo Remo, ovviamente.

Tra il 1969 ed il 1971, con i primi YES c’è già la prima Ludwig (la Ferrari delle batterie). Un bel set tutto bianco che si può anche notare in molti filmati dell’epoca .. in bianco e nero. Le dimensioni dei fusti non sono cambiate ma aggiunge un altro tom a terra (i tom a terra della Ludwig sono quasi veri e propri timpani).
I piatti aumentano di poco le dimensioni e si dividono però tra Zildjian e Paist (le due filosofie opposte del creare cymbals) aggiungendo un altro Ride da 22 pollici.

Tra il 1971 ed il 1972 con gli YES ormai avviati, il drum set resta come composizione lo stesso. Rullante, tom, grancassa, due tom a terra ma rimpicciolisce questi ultimi e ne diversifica le dimensioni. I piatti anche sono i medesimi.
La differenza consiste che a parte il Supraphonic della Ludwig (il rullante) gli altri fusti cambiano in Hayman.

Tra il 1972 ed il 1973. Ormai nei King Crimson abbiamo il drum set più ampio tra quelli usatai da Bruford negli anni '70 ed in più ritorna alla grande la Ludwig.
Il rullante adesso è il leggendario Ludwig Supersensitive da 14 pollici in metallo, quello che staccando la cordiera sotto, produce quel suono simile alla timba che possiamo ascoltare nei King Crimson di quel periodo.

I fusti, compresa la gran cassa sono ben 8. I timpani diventano 3 e quelli sulla gran cassa altrettanti, compreso un piccolo tom Hayman, il primo a sinistra e un altro ancora più piccolo della  Premier posto addirittura sopra gli altri due.

Come piatti abbiamo sempre un charleston ed un crash a sinistra e 3 ride a destra, tutti, però diminuiti di dimensioni.

Oltre a questo Bruford integra una serie di arnesi percussivi lasciatigli in eredità da Muir.

Per i drum stick .... le bacchette ... Bruford usa sempre delle 5a, scelta ideale per un Jazzista che vuole fare rock, o un rocker che voglia fare jazz ... più raramente delle 5b.

Analisi dei Drum set di Bill Bruford dal 1974 al 1980

Tra il 1974 ed il 1975, il periodo "suono con chiunque", il set viene notevolmante rimpicciolito e standardizzato ma con un elemento anomalo.
Abbiamo 4 fusti, due di questi Haymans. Ma il Supersensitive della Ludwig resta.

Un solo tom da 8 x 12 sulla grancassa, quello della Haymans e due tom a terra, Uno da 14 pollici sempre della Haymans vicino, e l’altro della Ludwig, "il timpano" posto distaccato dal resto del set. A sinistra, quasi di spalle, guardando il rullante.
I piatti sono solo 4. Charleston, crash e due ride ma tutti aumentati di dimensioni.

Comunque resta l’assortimento di strumenti percussivi.

Tra il 1976 ed il 1977 il piccolo Tom della Haymans viene spostato a destra sulla grancassa e a sinistra ci piazza un tom Ludwig poco più grande, anche questa una scelta interessante. Il timpano resta uno solo della Ludwig e decisamente più grande.

I piatti che dal 1972 ormai sono tutti Paiste, pure sono sostanzialmente gli stessi ma aggiunge uno splash da 11 pollici sul crash.

Tra il 1977 ed il 1980 abbiamo  sostanzialmente lo stesso drum set tutto Ludwig eccetto che per quel tom Haymans piccolo per il quale Bruford sembra provare un particolare affetto. Il rullante è sempre il Supersensitive che muta in timba. I ride 2 molto ravvicinati con l’aggiunta di un china. Anche i chrash sono 2.

L’innovazione, e la potete ben sentire nei dischi dei BRUFORD e degli UK è l’aggiunta di ben 3 rototom, la novità del momento, due da 14 pollici e uno da 18.
Il rototom è sostanzialmente un tom senza fusto. C’è solo la pelle bloccata in un disco metallico che si può ruotare per accordarla. Come dicevo prima potete ascoltarne il tipico suono praticamente in ogni disco in cui partecipa Bruford tra il 1977 e gli anni '80 inoltrati. In particolare nel primo disco degli UK.


 ...... ma le famigerate Simmons stanno arrivando ......


La prima parte di questo viaggio nella musica di Bill Bruford termina qui.
La seconda parte, dagli anni '80 in poi, con potenti ritorni, con dubbie reunion e con il jazz, verrà pubblicata presto.

Ringrazio tutti voi per l'attenzione e la pazienza ma ringrazio soprattutto Bill Bruford che, lui magari non lo sa, ma ha contribuito non poco alla realizzazione di questo speciale.

















3 commenti:

  1. Molto ben fatto; non posso verificare le tue fonti, ma ripeto: molto ben fatto.

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  2. Ti ringrazio. Spero che le prossime due parti risultino ugualmente interessanti.

    Per molti degli aspetti più personali su Bruford la fonte è ovviamente il suo libro, l'intervista che facemmo nel 2010 e che allegherò nella terza parte, oltre a decine e decine di interviste lette nel corso degli anni. Biografie sui King Crimson, gli YES, il Canterbury ecc.

    I dischi di cui parlo nel testo li posseggo tutti (diciamo al 90%). Si tratta di materiale che colleziono e ascolto da decenni sul nostro batterista preferito. Questa è una biografia artistica più che biografica. Mi sono limitato a metterli in ordine cronologico, riascoltarli e commentarli in base al mio gusto, che potrà essere condivisibile o discutibile ma sicuramente non è in discussione la qualità del nostro Bill.

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