venerdì 3 giugno 2016

Bill Bruford (3 di 3) - 1994/2009 (contiene Intervista)

Benvenuti nel nostro terzo e ultimo viaggio nel mondo musicale di WILLIAM SCOTT BRUFORD.

Quest’ultima puntata  descrive l’ultima parte della sua carriera, che va dal 1994 al 2008, e con l’intervista annessa, andò in onda la prima volta in data 13 novembre 2010 come puntata numero 50 del mio programma radiofonico "Punto d’Incontro".

Come per le precedenti due parti, il testo originale fu concepito per la lettura radiofonica, più sciolta e sintetica e come per le altre, questo testo è stato riadattato per la pubblicazione su questo blog. In alcuni casi il testo è largamente riscritto: ampliato, dove serviva ma anche cancellato, per quelle parti strettamente radiofoniche. 


In appendice, oltre al link di Youtube per l’intervista, troverete anche l’ultima parte de "I Ferri del Mestiere", l’analisi dei drum set di Bill Bruford.



... oh Buddy


Nel 1994 Neil Peart, il batterista e paroliere dei Rush, realizza e produce un tributo ad uno dei più grandi batteristi di sempre, Buddy Rich
L’idea è che i più quotati batteristi sulla scena internazionale suonino con la Buddy Rich Orchestra originale in brani classici del loro repertorio. Tra i nomi coinvolti, solo per citarne alcuni, Peart stesso, Rod Morgestain, Steve Gadd, Billy Cobham, Dave Weckl e Bill Bruford, l’unico altro inglese, insieme a Simon Phillips e Steve Ferrone.
Il risultato di queste prove furono due album: "Burning for Buddy: A Tribute to the Music of Buddy Rich vol.1", uscito il 4 ottobre 1994 e il "Vol.2" uscito il 24 giugno 1997, più un DVD nel 2006 contenente un lungo documentario sulla lavorazione, interessante perché si possono vedere molti momenti in cui Peart interagisce e parla con gli altri suoi colleghi. Nel caso che interessa a noi oggi, con Bruford. 

Ogni batterista ospite ha due brani del repertorio classico di Rich da scegliere. Invece l’unico brano scelto dal nostro diventa "Willow Crest", del pianista Bob Florence
Bruford stuzzicato dall’invito coglie l’occasione di poter registrare un brano di sua creazione con la prestigiosa Buddy Rich Orchestra. Peart (che da sempre dichiara di essere un fan dei King Crimson e di Bruford) accetta. Il risultato è "Lingo", l’unico brano originale della doppia raccolta. 

L’esperienza già maturata negli ultimi anni con altri jazzisti, gli sarà utile per confrontarsi con una Big Band composta da professionisti navigati, ma non sufficientemente da evitargli di commettere alcune leggerezze in fase di scrittura, come per le parti di basso, scritte al computer e umanamente riproducibili con estrema difficoltà.
Alla fine tutto sembra andare bene. Bruford con umiltà, imparerà molto da questa lezione impartitagli dai membri della Buddy Rich Orchestra.

Bruford e Peart, seppur di impostazioni base molto distanti (jazz il primo, rhytmn and blues il secondo), vengono spesso accostati come tra i massimi esempi di drumming creativo, oltre di essere persone intelligenti e colte. Sicuramente entrambi hanno portato il concetto della timbrica dei suoni a livelli altissimi, dove l’esecuzione in sede di registrazione di album non è un mero, seppur notevole accompagnare, ma vere e proprie composizioni ritmiche dove la scelta del suono e di cosa colpire è oculata e certosina.
Ma questo concetto dell’importanza della timbrica verrà delucidato meglio da Bruford stesso nell’intervista appendice.

Significativamente, lo stesso anno esce il CD degli Earthworks, "Live: Stamping Ground", contenente la registrazione di alcune date sparse dei concerti del 1992, come sorta di testamento della prima versione del gruppo con Bates, Bellamy e Harries.

Nel 1994 esce anche l'ultima delle collaborazioni giapponesi di Bruford, quella con Joe Hisaishi,  compositore e direttore d’orchestra ma soprattutto autore delle musiche dei film del grande Hayiao Miyazaki
Il suo piccolo ma considerevole contributo all’album "Chijiou No Rauken" è nella notevole "Granada", unico brano accostabile ad un gusto "progressivo" di un tipico prodotto discografico di tendenza nipponica, realizzato da un compositore colto, che immischia più generi su un solo supporto, dall’avanguardia al pop più plasticoso.

Il rock immaginifico Britannico incontra il cinema d’animazione di Miyazaki ... wow!

Piccola nota: Non potei resistere di chiedere a Bruford un commento specifico su questa cosa, seppur marginale, e la risposta non fu esattamente come me l’aspettavo …

Evidentemente l’attenzione di Bill Bruford in quel periodo venne presa tutta da un evento ciclico di primaria importanza: nel 1994 Il Re Cremisi si risveglia dal suo ultimo sonno, ormai durato dieci anni.


King Crimson e il Doppio Trio



C’era stato un primo segno di questo risveglio con il progetto di Robert Fripp  e David Sylvian al quale parteciperanno anche Trey Gunn e Pat Mastelotto che ritroveremo subito nei King Crimson.
Nell’album di Sylvian & Fripp, "The First Day" ci suona invece Jerry Marotta che all’inizio era indicato come nuovo batterista ma alla fine Fripp richiama Bruford. Per l’ex Gabrieliano Marotta è la seconda occasione sfiorata di far parte dei King Crimson.

La formazione è un doppio trio
Robert Fripp, Trey Gunn e Pat Mastelotto a sinistra. 
Adrian Belew, Tony Levin e Bill Bruford a destra. 
Questa locazione ha un perché nello stesso missaggio dell’album principale di questa formazione, "Thrak".
Spostando il canale a sinistra si possono sentire Fripp, Gunn e Mastelotto suonare alcune parti. Spostando il canale a destra Belew, Levin e Bruford fare parti diverse, entrambe le quali, rimettendole in posizione centrale, si incastrano fra loro creando un terzo risultato.
Ogni nuova reincarnazione del Re Cremisi è l’evoluzione di quella precedente. In questo caso, sotto l’insegna dell’eclettismo, della potenza e della precisione, abbiamo la disciplina degli anni '80 incastonata nella potenza degli anni '70.

Il sestetto ... pardon ... il doppio trio, si riunisce tra l’aprile e il maggio del 1994 agli Applehead Studios di Woodstock per realizzare il materiale che vedrà la pubblicazione prima nell’EP "Vrooom", che uscito alla fine dello stesso anno rappresenta un ghiotto antipasto per gli ormai da troppo tempo digiuni fan, e poi dell’album vero e proprio, "THRAK", uscito ad aprile del 1995, prodotto ai Real World Studios di Gabriel negli ultimi mesi del 1994.
L’EP "Vrooom", che dura 30 minuti abbondanti, presenta molti brani che poi con arrangiamenti diversi ritroveremo l’anno successivo. E un paio di inediti: la breve "Cage" e la strumentale "When I Say Stop, Continue".
I rimasugli di quelle session di aprile verranno pubblicati ad ottobre del 1999 in un CD della serie King Crimson Collector Club della neonata etichetta di Fripp, la DGM records. 
Le "Vrooom Session", ci presentano una serie di pezzi che se pur in evidente stato embrionale, per freschezza e inventiva possono essere goduti tranquillamente come se fossero brani finiti (diciamo all’80-90%), diversamente da come accadrà successivamente nelle disastrose session di Nashville nel 1997.
Le session del 1994 sono un ottimo osservatorio di come funziona il laboratorio del doppio trio.
Se il doppio ruolo per la chitarra elettrica, evoluta ed hiper effettata come quelle di Belew e Fripp, era già stato felicemente collaudato negli anni '80 con gli splendidi arpeggi incrociati che troviamo negli album "Discipline" e "Beat", è la doppia batteria ha rappresentare il punto di maggior interesse per questa reincarnazione del Re Cremisi
Diversamente il punto debole è rappresentato da Tony Levin e Trey Gunn. I due bassisti/sticchisti non sono mai riusciti a dialogare in modo interessante con i loro pur poliedrici strumenti.

Bruford era già abituato a doppiare il suo ruolo. Prima con il suo maestro Jimie Muir e poi con Alan White per il miliardario ma allucinante Union Tour degli YES.
La diversità è ricchezza.
Gli stili di Bruford e di Mastelotto non potrebbero essere più distanti ma è proprio in questa distanza, ben orchestrata almeno agli inizi dal dittatore unico Robert Fripp, che si crea la misura per figure ritmiche interessanti e innovative che influenzeranno tutto il post prog/nuovo metal di là da venire.

Agli inizi, Bruford si ritaglia un ruolo di rifinitore ritmico al drumming potente e lineare di Mastelotto. Ma durerà poco perché già nei concerti di fine '95 possiamo sentire i ruoli invertirsi. 
Nell’insieme se Mastelotto va in controtempo, Bruford gli fa un contro-contro tempo, capace di iniziare una figura ritmica con una mano, mentre l’altra prosegue con la figura già iniziata, per poi rientrare perfettamente a tempo.
I due realizzano anche una dei brani più interessanti del doppio trio, lo strumentale "B’Boom", composizione per due batterie condite dai Soundscape di Fripp e risposta ai vari Vrooom di quest'ultimo.
L’evoluzione della frippetronica a differenza delle fasi precedenti, qui è molto più presente.
"B’Boom" viene seguita da "THRAK", definita come "il suono di mille chitarre che eseguono la stessa nota contemporaneamente" e momento di mille improvvisazioni dal vivo.
Questo non era la sola composizione per batteria e percussioni realizzata in quel periodo: dal vivo, durante i tour del 1995 e del 1996 veniva, fra le tante, eseguita "Prism" o "Conondrum", che vede Bruford dirigere il trio percussivo composto da lui stesso, Pat  Mastelotto e Adrian Belew.

La creazione di una label privata ed indipendente e di un sito internet dedicato, permette di raggiungere quegli acquirenti che altrimenti, la non sempre capillare distribuzione, lascerebbe a bocca asciutta .. anche se non proprio economico inizia un proliferare di live, dischi paralleli, bootleg ufficializzati. BOXoni natalizi e così via. 

E’ anche l’occasione per i componenti dei King Crimson di pubblicare senza legature i propri lavori, come per Bruford che era scappato dalla EG records dopo che lo aveva fatto Fripp, facendogli causa.

Il carismatico e grande Tony Levin pubblica così il suo primo disco solista. 

"World Diary" del 1995 è esattamente questo: un diario musicale di Levin suonato in ogni angolo del pianeta con musicisti diversi per razza, lingua e cultura musicale.
Bruford ci suona in due brani, "Etude in the Key of Guildford" e "Jewels" due quadri sonori, etnico-sperimentali, in continuazione della pillola "Evensong" presente come mosca bianca in "Union" degli YES.

Bruford stesso pubblica  un album a nome suo e di due altri prestigiosi musicisti, dove la presenza dei "collaboratori", Ralph Towner e Eddie Gomez è talmente prestigiosa da essere in realtà un vero e proprio trio .. ma un trio Jazz, a dimostrazione ulteriore dei veri interessi del nostro.
"If Summer Had Its Ghosts" uscito nel 1997, si dimostra un lavoro elegante, raffinato e lontano anni luce dall’heavy metal da camera dei King Crimson.
Nel disco ci sono anche due composizioni più legate al solo Bruford. L’avanguardistica e soffusa "Silent Pool" e la nuova composizione batteristica alla Max Roach, "Some Other Time".

Nel 1996 Bruford tra un impegno e l’altro trova anche il tempo di partecipare alle session di "Genesis Revisited" di Steve Hackett che come palesa il titolo presenta alcuni brani dei Genesis d’annata e non, rivisitati con molti ospiti.
Bruford suona in "Watcher in the Skies" con i due bassisti cremisi, John Wetton (solo alla voce) e Tony Levin e in "Firth of Fifth" con Wetton alla voce e al basso.

Il 15 dicembre 1996 finisce il terzo tour mondiale del Doppio Trio, portando i King Crimson di nuovo alla ribalta anche nei giornali non specializzati. I soliti miopi ci vedono l’ennesimo gruppo di "dinosauri" in odore di celebrazioni ma tra questi c’è anche chi si sveglia, accorgendosi che King Crimson è creatura del tutto diversa.

Ad aprile e maggio del 1997 il gruppo si riunisce a Nashville nel Tennesse per quello che nel progetto doveva diventare il secondo e tanto atteso album ma il risultato fu un disastro come ben testimoniato dal CD poi uscito ad ottobre del 2000.
Prove inconcludenti, con smozzichi di suoni che non portano da nessuna parte e un Fripp sempre più distaccato e assente.
La tensione è alta e Bruford, contrariamente a quanto aveva promesso quattro anni prima (si, Signor Maestro, farò il bravo e non tirerò la gomma a Tony), si lascia scappare una parola sbagliata. E’ troppo. Fripp si alza dal suo sgabello e abbandona le prove. 

Risultati inaspettati danno risultati scontati che ha loro volta danno risultati discontinui.


Come reazione alle fallite session, Robert Fripp concepisce i PRojeKCT, come fraKCturizzazione  del Doppio Trio in tante, più o meno piccole, dalla dubbia mobilità, comunque sempre intelligenti, cellule musicali.
Il ProjeKct TWO, il secondo a muoversi ma primo a pubblicare è composto dalle particelle Fripp, Gunn, Belew con quest’ultimo alla batteria.
Gli altri ProjeKct vedono combinazioni più o meno diverse con i soli Fripp e Gunn costanti e quindi, diversamente a quanto promesso da Fripp stesso, di una fratturizzazione priva di lui.
Avremmo voluto vedere e sentire un power trio composto da Belew, Bruford e Levin.
Il ProjeKct One che è l’unico a coinvolgere Bill Bruford è anche il primo a muoversi ma anche quello di più breve durata, essendo la sua esistenza limitata a sole quattro serata al Jazz Café di Londra, i primi quattro giorni di dicembre 1997 e concepiti come una sorta di duello/resa dei conti/chiarimento tra Fripp e Bruford dove ognuno dei due si porta il suo testimone: Gunn per Fripp, Levin per Bruford.
Quattro concerti sempre diversi a se stessi che mai si ripetono e che mai si ripeteranno. Rappresentano l’ultimo contributo di Bill Bruford a qualcosa che abbia a che fare con i King Crimson.

Ma ha fare il SUO progetto Bruford ci penserà nel 1998 con la pubblicazione dell’album dei BLUE, acronimo di Bruford, Levin Upper Extremities
Il giocoso duellare tra i due titolari, come ad esempio nel brano "Original Sin" - dove Bruford cerca di mandar fuori tempo Levin, che però non ci casca - viene impreziosito dalla presenza di David Torn e Chris Botti in sostituzione di Mark Isham. Infatti il gruppo si può definire una continuazione di quel "Cloud About Mercury" di Torn, risalente a dieci anni prima.
Nel 1999 esce il doppio live che vede il repertorio dell’album precedente in versione dal vivo più qualche contributo dai lavori Torn.
Dopo questi due album i BLUE si sciolgono con nostro rammarico. 


Il Jazz e la chiusura del cerchio


In questo ultimo troncone della puntata si parla di jazz, anzi non ne parlo perché non sono qualificato ma invito tutti i rockettari come me, ad aprire la mente e lasciare che la musica fluisca, praticando l’ascolto senza aspettative, come ci insegna Robert Fripp.

Il jazz, l’amore di Bill Bruford fin dall’infanzia. Sempre e comunque in qualche modo praticato, il più delle volte nascosto in arrangiamenti rock prog, altre rare volte palesato in lavori mirati in collaborazione con altri. 
Libero delle pastoie Cremisi e forte della reputazione creatasi in 30 anni di carriera, Bruford decide di diventare jazzista a tempo pieno ma sempre con un occhio alla ricerca.
Abbandona (finalmente) le Simmons per un set interamente acustico e del tutto rinnovato che analizzeremo i dettaglio nell’appendice B: I Ferri del Mestiere.

Finalmente è giunto il momento di riformare il suo progetto più duraturo e per la versione riveduta e corretta degli Earthworks, Bruford rinnova completamente l’organico e gli obiettivi. Questi ultimi sono di fare jazz, sostanzialmente jazz.

L’organico si compone degli inglesi Patrick Clahar al sax, Mike Hodgson al basso e il talentuoso americano Steve Hamilton al pianoforte. Tutti giovani jazzisti, veloci, pratici, mobili ed intelligenti. Nel suo libro Bruford dedica molte pagine ad analizzare la differenza fra il mondo del Jazz e quello del Rock e la differenza fra la grande adattabilità dei musicisti del primo mondo, rispetto alla viziata pigrizia dei musicisti del secondo mondo.

Il quartetto realizza due album: "A Part, and Yet Apart" nel 1999, liscio e perfetto da riuscire ad essere apprezzato anche da chi non mastica jazz e "The Sound of Surpise" nel 2001, con composizioni più spigolose e intricate rispetto al precedente album.

Nonostante gli impegni con i neonati Earthworks, Bruford trova il tempo per aggiungere altre collaborazioni alle decine in curriculum.
Nel 2000 collabora con l’iperattivo percussionista Peter Lockett, anche lui inglese, per l’album "Network Of Sparks".
Nel 2001 collabora con il  compositore e tastierista francese Jean-Philippe Goude per l’album  "Rock de Chambre" e suona in un pezzo dell’album "Voices of Life" della The Bulgarian Women's Choir - "Angelite" ... si, esattamente .. il coro delle voci bulgare che i più vetusti fan di Elio e le Storie Tese ricorderanno bene.
L’album viene prodotto da Eddie Jobson inserendo nel disco tre composizioni che all’origine dovevano far parte del terzo album degli UK del quale se ne era ventilata .. ma solo ventilata .. l’uscita nel 1995. 

Nel 2002 continua la partecipazione di Bruford nei più prestigiosi festival Jazz internazionali ed esce il secondo live a nome Earthworks, primo di questa nuova formazione, il doppio "Footloose and Fancy Free", disponibile anche in DVD.

Nel 2003 abbiamo l’unica collaborazione extra jazz (ma neanche tanto) negli ultimi 10 anni della sua carriera.
Lo stickista Sean Malone per il secondo album "Emergent" del suo personalissimo progetto prog metal, i Gordian Knot, chiama Bill Bruford e Trey Gunn.

L’ultimo album degli Earthworks è un altro live, "Random Acts of Happiness"  uscito ad aprile del 2004. 
Il pur bravissimo Patrick Clahar viene sostituito dal sax e dal flauto del grande Tim Garland e alterna brani del repertorio classico degli Earthworks, anche del periodo con Bellamy e Bates, con altro materiale scritto ex novo da Garland e Bruford, come "White Knuckle Wedding", scritta a 4 mani da i due, rappresenta un piccolo ritorno al jazz folk degli Earthworks prima maniera. C’è spazio anche per qualcosina addirittura risalente ai Bruford.

L’ultimo disco, uscito nel 2006, a nome Earthworks in realtà non è di questo gruppo essendo in realtà Earthwoks Underground Orchesta, questo è il titolo, un lavoro dei soli Bruford e Garland con una big band di fiati.
Dal 2004 la presenza di Bruford comincia a farsi sporadica, segno che le bacchette cominciavano a diventargli pesanti.
Dal 2004 al 2008, l’ultima delle sue collaborazioni è con l’olandese Michel Borstlap. Il pianista, troppo classico per il rock e il jazz, troppo jazz e rock per la classica, è in perfetta sintonia con il modo di sentire le cose di Bruford. 
I due realizzano un primo album nel 2004. Un interessantissimo DVD con improvvisazioni live ed un ultimo album, "In Two Minds" risalente al 4 aprile 2008.

Poi il 1° gennaio 2009 il comunicato stampa. 
Bill Bruford si ritira dalle scene. Più nessun concerto, più nessun disco, anche se del 2009 è "Skin and Wire" del progetto Pianocircusensamble di pianisti, in questo caso con il nostro a cimentarsi con il repertorio di Colin Riley.
L’ultima performance musicale di cui si hanno notizie, a parte i clinic ma non fa più neanche quelli, risale al 9 aprile 2010 in un concerto ad accompagnare la cantante inglese Ann Bailey.

Oggi, William Scott Bruford, cura il giardino di casa insieme alla moglie, fa escursioni, partecipa ad incontri di presentazione del suo libro e cura il catalogo della sua casa discografica e del sito annesso.
Sotto il nome di Winterfold ristampa tutti i suoi lavori rock o simil tali del passato, come i Bruford o le cose con Patrick Moraz
Sotto il nome di Summerfold, pubblica il catalogo jazz.

Finisce qui la trilogia dedicata a Bill Bruford. Non ringrazio Bruford perché farlo sminuirebbe il dono fattoci in 4 decenni di ottima musica.
La speranza, Bill è che ti si possa riascoltare e vedere dal vivo, magari in un un giorno di sole.




APPENDICE A - Intervista a Bill Bruford.


Nel 2010, grazie ai buoni uffici di Corrado Canonici e Aldo Pancotti, abbiamo avuto l'occasione di una lunga chiacchierata telefonica con Bill Bruford, il quale ha riposto, con partecipazione e sincera disponibilità, alle domande preparate da me e da Glauco Cartocci.
L'intervista è stata condotta da Giampiero Frattali.







Appendice B
I FERRI DEL MESTIERE - terza parte - analisi dei drum set di Bill Bruford - 1994/2009.


Dopo tutti i problemi avuti con i pad Simmons Bruford era deciso di non usarli più ma non aveva fatto i conti con la chiamata di Fripp per i neoriformati King Crimson.
Tra il 1994 ed il 1998 i pad restano 11 ma questa volta vengono suddivisi in due gruppi da 5 ai lati estremi con in mezzo gli elementi acustici. Due pad a sinistra del charleston e tre sopra.  A destra due pad tra la cassa, il timpano, il ride da 20 pollici e il full crash da 18 e tre a destra del timpano.
Gli altri cymbal sono un crash sottile da 16 pollici sopra il charleston e un china sempre da 16 tutto a sinistra.
La parte acustica è composta da un rullante da 14 pollici una cassa da 22, il timpano è da 16. Sopra la cassa, in posizione orizzontale e molto vicini ci sono due piccoli tom, uno da 10 e l’atro da 12. Questo set si può vedere e godere nei filmati dei King Crimson del 1994-1996.

Le marche restano tutte Tama, la Starclassic, di un bel giallo canarino e i piatti Paiste. Le pelli Evans della serie Genera, tutte trasparenti. Le bacchette, quasi superfluo dirlo, Pro-mark, sd1 e sd9 .
La componente elettronica si forma con una sola centralina Yamaha DX11.
La Simmons grida al tradimento. Ma tanto di batterie elettroniche non se ne sentirà più parlare.

La composizione ad ala di uccello che troviamo in questo periodo è una prima prova di quello che diventerà l’ultimo dei drum set di Bruford, tra il 1998 ed il 2008.
Un set molto originale e .. personale. Dove ogni fusto viene accoppiato ad un piatto.

Al centro un rullante in legno da 14 pollici per 6 e mezzo, leggermente abbassato nel 2001. Davanti al rullante, sopra la cassa da 18, un charleston medio da 14, affianco, andando a destra un tom da 12 per 10 con davanti, sempre sopra la cassa, un crash da 16 e poi un timpano da 16 con davanti un altro crash poco più piccolo da 15 pollici.
A sinistra del rullante un tom piccolissimo da 10 per 9 con davanti un ride da 20 che a sua volta ha sopra uno splash da 10 polici e ancora un ultimo tom da 13 per 11 con davanti un china da 16. 
Tra le tante cose interessanti di questo drum set c'è che il ride e il crash sono invertiti di posizione rispetto al loro posto tradizionale: Crash a sinistra, Ride a destra.
Condisce il tutto, un set di campanacci attaccati dovunque servano.

L’elettronica è bandita del tutto.

A dimostrazione di quanto Bruford ci si trovasse bene, questo drum set resterà uguale per gli ultimi 10 anni, vedendo solo lievi cambiamenti nel 2001 con un marginale cambio di colore dei fusti, da giallo canarino al noce, e un lieve aumento di dimensione dei piatti.

Se mi verrà il prurito di rifarmi un set di batteria credo proprio che me lo farò così.









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